verso un equilibrio instabile

gemme verdi e petali bianchi bucano all’improvviso la cortina di nebbia grigia dei miei pensieri, senza riuscire, però, a spazzare l’angoscia che mi corruga la fronte e pesa sullo sterno. in un decoro di cielo azzurro e profumi di gladioli, non posso neanche dirmi che basta chiudere gli occhi per immaginare che l’inverno della mia testa finisca. perché, anche aprendole, le palprebe, rischierei di essere abbagliata dai neon inutili sulle insegne dei mercanti di schifezze, dai lampeggianti e dalle sirene, dai fari sulla cima dei palazzi e sulle mura delle galere, dalle torce dei vigilantes, dalle alogene sparate delle fabbriche che sobbollono, degli schermi inarrestabili di pubblicità e propaganda. Luci che non sanno far altro che disegnare ombre attorno, y compris nel mio cranio: delimitano, includono e escludono, tranciano bene e male, bianco e nero.
illusa di cedere al piacere delle mie papille gustando un pesto veloce di ortiche, giovane tarassaco, steli di cipolla, menta, scalogno, sesamo e mandorle, mi rendo conto che pesa invece sullo stomaco come una qualsiasi schifezza difficile da assimilare. sfilano troppo veloce i paesaggi mozzafiato, così che mi ritrovo senza respiro e senza estasi. mi gratto senza tregua come se fossi en manque, senza rendermi conto che in effetti c’è molto che mi manca, senza forza di alzarmi dalle coperte sento le formiche nelle dita punte raccogliendo l’ortica e le piccole bollicine che mi irritano i polpastrelli. una strana nausea mi permea

odi et amo

je commence juste à apercevoir le mal qu’on s’est faits, en se taisant notre envie réciproque de me voir partir. tes sourires heureux de maintenant me frappent dans leur absence, pendant des longs mois, sur ta bouche silencieuse. je me rend compte de t’avoir blessé, en imposant ma présence à la dérive, mélancolique et sans l’énergie pour combler mes plaintes. et, peut etre, t’imagines que ça m’a fait pleurer ton écorce d’hérisson, ton flotter dans une bulle aux formes de ballon de foot. mais je ne réalise qu’ici, qu’est-ce que ça cachait ton regard triste et perdu. je me demande, d’un coté, comment j’ai fait pour me bander les yeux avec des tranches de jambon, amoureuse sans savoir plus pourquoi. De l’autre, je comprends pas comment je n’ai pas pu deviner et comment t’as pu ne rien me dire. Surement tu me diras d’avoir essayé, mais, faute d’un résultat, ça aurait mérité d’insister. Je baigne dans le remords, tout en sachant que ça ne sert pas à grand chose de regretter. Si ça n’est pour apprendre en s’ illusant de ne plus tomber dans les meme pièges. Illusion ou pas, je me dis que ça doit valoir le coup d’y essayer à ne plus se faire mal, d’arreter d’etre incapables, par osmose  comme par mail, à se communiquer des trucs qui nous concernent.

paura del buio

talmente insicura da non essere capace ad accontentarmi dell’ordine incongruo delle mie frasi sparse e ostinarmi a concellarle, come se poi riuscissi davvero a fare meglio. troppo lento decollo, tanto da fare male come un cerotto strappato con sadica lentezza che sradica i peli uno ad uno, lasciandoli con un bulbo arrossato impregnati di colla. mi sento appiciccaticcia per essermi invischiata in una melma di sentimenti che creano dipendenza. mi spavento all’eco rimbombo del bianco fresco sui muri storti, e mi chiedo se si debba davvero considerare una conquista un vecchio materasso solitario a molle cigolanti. ce n’ho già avuto uno, motivo di fiori azzurri polverosi su cui preparare notti per giornate incerte e sconsiderate (ma quando mai sono stata meglio?). con un balzo troppo all’indietro per avanzare, mi costruisco debole come la capanna di paglia di un porcellino poco saggio, fingendo di ignorare che, senza bisogno di mescolarci l’argilla, è già una tipologia costruttiva di tutto rispetto. eppure, mi rivedo fare marcia indietro in un corridoio, bloccata dall’incoerenza delle mie posizioni tagliate con l’accetta, scorsa da brividi di freddo troppo tiepido per scuotermi. e di fronte ad una finestra che non è ancora verde, non so cosa immaginare, non sperando forse altro che riuscire a decollare.
e;nel frattempo mi rassicuro immaginando la ventolaz del pc come un respiro amico