A volte ritorn(an)o

Un mese e mezzo permette appena di vedere scomparire e riapparire la luna da dietro le nuvole. Ma cinquemila chilometri la fanno ruotare su se stessa, come una barca che si culla ingobbita sull’orizzonte. Come il traghetto che ci ha portato dall’altro lato di quella pozza insanguinata che è il mediterraneo cinto di frontiere e filo spinato.

Le storie raccontate nell’odore spesso della carne che griglia nella polvere delle strade che brillano di led, quelle rese difficili da raccontare per le gengive sdentate e la lingua sconosciuta, quelle complicate dalla burocrazia e dalle leggi che scaraventano a mille miglia o inchiodano al di là delle recinzioni, quelle sussurrate in un bar scurito dal fumo acre e dolce accanto a un ness-ness schiumoso.

e a noi basta premere l’acceleratore, per osservare i chilometri trascinarsi.

Tra le palme incastonate nei dedali sinuosi scavati nelle rocce rosse, stento a trovare un’oasi di pace per le mie percezioni. Eppure, tagliando il traguardo fatto di pini e rocce fossili, mi sorprendo a ritrovare une leggerezza stentata e perduta.

Non mi lascio abbattere, senza essermene resa conto ho accumulato una distanza benefica dalle strade del mio ex presente. Sorrido incredula di fronte alla leggerezza delle foglie verdi.