“farla finita con qualcuno o qualcosa smettere caffè e sigarette”

una stridente voce emiliana rimbomba al mercato dei piaceri.
e, mentre la razionalità umana riesce a concepire lo smettere per sempre, le sinapsi non possono permetterselo, segnate per tutta la loro esistenza dall’aver veicolato orgasmi chimici e piacere. piacere di fuggire alla realtà immediata; piacere di nascondersi al caldo di sentimenti riconfortanti; piacere dell’alterare la monotonia di sensazioni troppo reali; piacere di lasciarsi andare in balia al mal di mare; piacere di non temere ad aprire la bocca e proferire parole. piacere di ascoltare fiumi di rumori e suoni articolati; piacere di avere un pretesto per slacciarsi la corazza; piacere di non dover pensare ai macigni che ci portiamo addosso; piacere di potersi rotolare quasi nudi nel punk dalle note sfrenate.

“non so più cosa fare”
persiste l’emilia paranoica. ognuno vive la sua vita e forse la sola cosa di cui essere sicura è che non devo farmi portare da ritmi altrui, anche se forse ci passerò anch’io tra otto anni. Nel frattempo, senza rimorsi, mi fondo al calore umano dell’amicizia e con il coltello che scalda.
oggi nessuna poetica senza la fantasia di mescolare parole e sensazioni disseccata dal far colare il mio inchiostro virtuale sulla tela.

topoi

mentre polpastrelli dolci mi percorrono ogni curva della schiena, mi lascio andare nel galleggiare dei miei pensieri. incapace, nel piacere di un massaggio che carezza ogni mio muscolo teso e indurito, di focalizzarmi sul sorriso che sta dietro quelle mani. perché come una stronza, non ce la faccio a dirgli di smettere. ma, nel non essere in grado di dirgli di fermarsi, artista del piacere, scultore di ogni anfratto succulento, assaporo ad occhi chiusi ogni attimo, nell’azzurro delle lenzuola come tra le onde di una baia su una barca che mi porta altrove. o che mi fa arrivare da lontano, il che almeno mi rassicura. ma poco importa quando mi ricordo di sorrisi e sguardi nella cabina del furgone contro luce, tra un raggio di sole e la polvere in sospensione. nel farmi cullare senza lasciarmi portare dal sentimento di chi mi dondola tra le sue braccia, mi sento crudele come una mela intrisa dal veleno.

una perfidia che si realizza nel non voler fare del male, ma scontrarsi frontalmente con la realtà. perché mi angoscia la mia incapacità a smettere di approfittare di un amore che amo solo a metà e per l’altra mi taglia e mi fa arrugginire, obbligandomi a chiudermi su me stessa in una prigione dorata di sorrisi sicuri. una sicurezza tranquilla come una bolla rinchiusa dietro delle persiane sprangate, un’allegria che non potrebbe essere guardandosi attorno, tra gli schizzi di lacrimogeni e flasball impazziti. un amore che mi ha costretto a rintanarmi in un piacere dalle parvenze del virtuale, mentre fuori la guerra infuria.ma la mia passione fervente di desiderio, non voglio che si sfoghi tutta in preservativi riempiti dentro un cassonetto. vorrei incendiarlo e usarlo da barricata, almeno. e, invece, mi vedo a giocare al tiro alla fune, in un bosco freddo lacerandomi tra il non voler rinunciare a niente.

 

e forse, tutto sommato, stronza non so nemmeno esserlo, perché, se lo fossi, mi farebbe da paracadute per non sentirmi pesante come un inutile pachiderma che aspetta che il telefono suoni, senza essere stata capace di inventarmi nemmeno una ragione per farmi chiamare.

foto di http://introvertevent.deviantart.com/art/in-blue-144226107

epuisé

ancora una volta approdo senza speranza alle mie lenzuola sporche per nascondermici dentro, intravedendo appena il grigio del primo fresco filtrare dalla finestra. cerco di gettarmi nei vortici di cose da fare per sporcare le mie mani e tenere lontani i dubbi e le voglie che si intrecciano tra l’aorta e l’intenzione. in uno spiazzo ingombro di lamiere arrugginite e pezzi d’auto, dormo assai male nel mio furgoncino con i riflessi dei lampioni arancioni tra le ciglia e due lunghe gambe ossute proibite mare, recinzione, ruggine, pastis, struggenteaccanto. forse è solo voglia di cambiare un po’ per assicurarmi che posso tutto ciò che voglio, benché gli occhi mi provino il contrario. forse è per rassicurarmi che nulla è per sempre, anche se non mi conforta poi per niente sapere che tutto ha una fine. Fantastico ad occhi semi aperti nel dormiveglia su passioni e ormoni per poi ritrovarmi schiaffata contro uno schermo con una tesi da scrivere e trovarmi persa come se fossi davanti ad un motore che non parte. Ma almeno potrei alzare la testa e chiedere aiuto, mentre adesso la affondo sempre più in intricati labirinti cartacei da cui non so tirare niente di buono. E ascolto lamentii per il poco spazio lasciatoti da un collettivo divoratore, mentre mi sento cadere nel precipizio della solitudine buia e fredda, incapace ad attaccarmi agli appigli. E immagino punte di iceberg fatte di dentiere sorridenti che fingono nella loro plasticità che ci sian ancora qualcosa da ridere mentre il mondo attorno cade disastrosamente come un cane di sapone si scioglie sotto la pioggia. La luce bianca dei neon mi ferisce per il non saper assaporare una birra tranquilla, per il mio repentino raffreddarmi avendo solo voglia di chiudermi come un riccio sotto le coperte. Contrasti acerbi sfilano brucianti sulla retina. Assaporo a pieni polmoni le boccate di ossigeno che ricevo crollata addormentata su un vecchio materasso di lana ivre come un bateau, sapendo che vale la pena svegliarmi per respirare. ma tappata qui, dietro delle finestre chiuse per non sentire l’eco di un proprietario che rinnova la sua casa, sento che presto dovrò riabbassarmi a leccare delle piastrelle bianche come escrementi di uccello, domata da un orologio al polso e un orizzonte che si ferma al tetto. Tormento angoscia per telefonate che non so fare, rimando partenze incapace di attraversare una strada per fare una lavatrice. E vorrei che fosse sempre estate, per potermi nascondere dietro una bottiglia di pastis scollando patelle dalle rocce sul mare.

foto di blue-melody deviantart