con incurante e incredibile leggerezza, passo dall’abisso di una tristezza senza via di fuga allo svolazzare dolce di una libellula inebriata.
come un reduce da un inverno solo per metà metaforico, aleggio tra i raggi di un sole sempre meno obliquo, con lo sguardo sperso.
carte e dadi in mano non mi bastano per poter scegliere il da farsi, impossibile da specificare l’aleatorietà di un percorso in cui quello che facciamo contribuisce senza determinare ciò che sarà.
una tonnellata di secondi ammucchiati a fantasticare, reprimendo sensazioni nell’impossibile dei sogni, non basta a dar conto, nella realtà, di due notti di carezze e una giornata di parole calde tra i rami e le radici di alti platani bianchi sfiorati dall’acqua.
fingo di non conoscere l’alfabeto dei segni sparsi nella corrente delle relazioni, per poi stupirmi di averne i frutti tra le mani, come una mela caduta all’improvviso mi stordirebbe sfracellandosi sulla mia fronte. Eppure, mi rendo conto che, nonostante le mie lenti spesse, opache e annebbiate, riesco a sentire con relativa nitidezza le schegge d’elettricità che talvolta mi bombardano talmente forte da farmi tremare e indietreggiare impaurita. scossa dal timore di far del male, trovo difficile creare una breccia in cui lasciarmi infiltrare di bene e piacere.
ma qualche volta mi arrendo, depongo corazza e scudo di un cuore imbottito che incanala il cielo e mi lascio andare sulle onde di un fiume in piena. adesso è ancora più difficile immaginare dove mi porteranno quelle carezze e quegli sguardi talmente forti da potersi toccare.
senza vederne pianificazione, pur avendone annunciato il presentimento, ho sciolto quel legame a senso unico, quel ritrovarmi tra braccia collaudate e adattatimisi dal tempo, per ritrovarmi tra ossa che mi punzecchiano lasciandomi segni e lividi sulle cosce. li ho già vesti marcarmi le gambe, nella notte dei tempi di ricordi smarriti, capendo all’improvviso di essere cresciuta, tanto più sicura e libera nel saper scegliere dove accarezzare con una lingua che si disseta. mi inebrio con un odore nuovo e mi chiedo come continuerò a farlo, senza nemmeno pormi la domanda di se ci sarà un seguito. rinvigorisco all’idea che ogni sogno possa realizzarsi, ringalluzzendo la fiammella del mio cuore che batte forte. e non voglio vederci scelte binarie, distintamente nette, ma un affiancarsi di momenti tutti altrettanto possibili. scardinando i dettati di una fisica irrigidita, voglio vivere tutto alla volta e, non potendolo fare, voglio perdermi nel dondolare di un’altalena nel giardino fiorito di una palazzina scrostata. il profumo di un gladiolo irrora una giornata che scorre veloce sui raggi di un sole che si riflette sui miei neuroni, alleviati dall’aver trovato un approdo. insicuro forse, tentennante quanto me, ma mi apre le porte del possibile. l’urgenza improvvisa di una presenza importante da un giorno all’altro (seppur l’ avessi già sentita qui e qui).
come se avessi ritrovato la chiave di un enigma, rileggo a ritroso attimi carichi di significato differito ed è come mi facessi un’iniezione di fiducia nell’orizzonte e in me stessa.
foto di http://1violetstar9.deviantart.com/gallery/