mi sveglio e voglio il meglio

mi sveglio dopo appena qualche ora di relativo riposo su un materasso sconquassato in uno squat scaldato da un’energia collettiva e molecole colorate.

nemmeno l’ombra di una risacca che acciacca ; fuori, grigio di città ma, per una volta, mi sento avvolta nella nebbia che sfuma il malessere. gente per le strade, palazzi, cemento e asfalto mi sembrano armi e opportunità di una vita in cui tutto è possibile. non c’è ombra che mi inquieti, cammino e non mi preoccupo del non saper esattamente dove sto andando. direzione incerta, ma rotta sicura verso l’infinito.

serata drogata dal ritrovare facce e corpi come se il tempo si fosse fermato, stringersi di mani in forti carezze e pure baci e abbracci, passi di danze improvvisate. nessun rimorso ne’ rimpianto per l’aver fermato ormoni con cui avevo già varcato una routine rodata. afferro il ritmo, mi butto a capofitto.muro

felpa e cappuccio, anfibi crepati, passo dopo passo, ritrovo la forza. sudore e sporcizia aggiungono una patina rassicurante ai marciapiedi e alla vita.

incontro non casuale sconosciuto, senza timori, che fa seguito a scambi di frasi e pennellate di scrittura. improbabile, non so perché lo faccia, ma non c’è ragione di privarmene.

gli angoli scuri ritagliati dal diametro ristretto delle pupille non riflettono mostri, ma lasciano scie calde sulla retina e sul cuore. perché anche ritornare, non impedisce di inseguire una goccia scura che scivola su un foglio argentato (che avrei chiamato specchietto delle allodole molti post fa). e aspirarne un benessere insospettabile che non sparisce, ma perdura nei giorni che si susseguono (nella speranza forse di ritrovare quella polvere sporca ?) se condiviso tra le tag e l’elettricità selvaggia.

Pourvu que ça tienne.

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